top of page
Immagine del redattoreProf.ssa Maura Ianni

La sindrome dell'abbandono

Aggiornamento: 2 gen

La paura di perdere una persona cara



Ascolta il Podcast dell'articolo


Quando parliamo di relazioni, soprattutto di relazioni sentimentali, parliamo di qualcosa di molto complesso, in quanto gli individui che ne fanno parte vivono la relazione in maniera diversa, e a volte può capitare che la vivano in modo non troppo funzionale.

Vivere una relazione in modo disfunzionale vuol dire viverla coniugando non l’essere parte di una relazione ma "avere una relazione". Nella coniugazione del verbo essere noi mettiamo nella relazione il nostro essere persone con le nostre uniche e complesse caratteristiche e, nello stesso tempo, contempliamo l’essere dell’altro nella sua unicità e nella sua complessità.


Essere parte di una relazione contempla la diversità, la considerazione delle differenze, la capacità di tollerare anche la frustrazione che proviamo quando l’altro non ci restituisce ciò che noi vorremmo.

Insomma, essere parte di una relazione contempla la considerazione dei nostri sentimenti e dei sentimenti dell’altro, anche quando non rappresentano ciò che noi vorremmo. Quando a coniugare i confini di una relazione è il verbo avere entra in gioco il possesso.


Possedere qualcuno vuol dire che contempliamo che quella persona è qualcosa che ci appartiene e come tale abbiamo dei diritti di possesso. Quindi mettiamo in campo comportamenti come gelosia, atteggiamenti di controllo e tutta una serie di pensieri e comportamenti che non declinano la libertà di pensiero e di azione. È nell’ambito della coniugazione dell’"avere una relazione" che si instaura un sentimento profondo di essere, solo se apparteniamo ad una relazione e dunque si innesca un profondo senso di abbandono al solo pensiero di poter perdere quella persona, di non essere più contenuti all’interno del contenitore relazionale.


Troppo spesso, purtroppo, assistiamo a situazioni che coniugano il possesso e il “delirio” dell’abbandono che arriva a far commettere, a uomini e a donne, atti efferati poiché non riescono ad "essere" se non hanno quella persona al loro fianco  o se quella persona non è più parte della loro vita.


Femminicidi, aggressioni, violenze coniugano il possesso; coniugano l’incapacità della mente di essere sufficiente a se stessa nel declinare il proprio mondo, la propria individualità e dunque nel contemplare la libertà e l’individualità dell’altro. Quando sentiamo parlare di abbandono, la mente va subito all’abbandono di soggetti indifesi che dipendono da qualcun'altro, ad esempio l’abbandono di un animale, l’abbandono di un bambino, l’abbandono di una persona in difficoltà.  L’abbandono può  essere anche  rispetto a  sé stessi quando ci si abbandona e non ci si cura, quando non ci si prende cura della propria dignità, del proprio benessere, quando non ci si vuole bene.

L’abbandono rispetto alle cose materiali quando perdono di valore,  e dunque si abbandona l’attaccamento ad esse. Insomma, l’abbandono declina mille forme ma certamente va attenzionato quando entra nel campo di una relazione sentimentale tra due adulti, capaci di intendere e di volere e assume l’altra faccia del possesso, del vincolo a tutti i costi.


Sentirsi abbandonati non vuol sempre dire essere stati abbandonati. Sentirsi abbandonati può voler dire non essere abbastanza maturi per contemplare che le relazioni possono finire e che bisogna fare i conti con l’elaborazione della fine di un rapporto, di cui nessuno è padrone o schiavo.


Quando parliamo di abbandono non possiamo non parlare della "sindrome dell’abbandono" che mette in atto un'eccessiva paura di perdere qualcuno e che fa percepire, alla persona che ne soffre, un senso di profondo smarrimento derivante dalla fine di una relazione o dal solo pensiero di poter perdere una persona cara.


Chi tende ad avere questo tipo di vissuto può far fatica ad instaurare relazioni affettivamente significative durature, perché mette in atto dei meccanismi manipolatori e atteggiamenti ansiosi e ossessivi che possono mettere in fuga gli altri.

L’angoscia e un profondo senso di insicurezza dominano la mente delle persone che soffrono di questa sindrome.


Persone che, avendo un quadro distorto delle relazioni, quando sentono di essere stati abbandonati mettono in atto comportamenti di tipo manipolatorio che a volte possono anche sfociare in comportamenti aggressivi e pericolosi per sé e per gli altri. Le possibili cause della sindrome dell’abbandono sono complesse e multifattoriali e non possiamo escludere che siano collegate al periodo infantile e ad una carenza di fiducia emotiva e relazionale  e a un vissuto di inadeguata protezione  da parte delle figure significative per la crescita e lo sviluppo emotivo.


A questo proposito, le teorie di John Bowlby (noto psicologo, medico e psicoanalista britannico, che ha elaborato la teoria dell'attaccamento, interessandosi in particolare agli aspetti che caratterizzano il legame genitore-bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all'interno della famiglia), confermano come il rapporto tra la figura principale di accudimento e il bambino sia fondamentale per un buon sviluppo emotivo che pone le basi sulla fiducia nell’altro e dunque sulla costruzione della fiducia in sé stessi.


Il bambino che riceve cure e risposte qualitativamente adeguate e sicure dalla figura di accudimento si sente protetto, si dimostra sicuro, curioso e pronto ad esplorare il mondo, diventando progressivamente un adulto capace di valutare adeguatamente i propri bisogni e i bisogni degli altri.


Chi soffre della sindrome dell’abbandono e chi vive a contatto con persone che non sono in grado di coniugare l’essere in una relazione, ma coniugano possesso e controllo,  necessariamente dovrebbero porre in essere un percorso di risoluzione dei propri traumi irrisolti e affrontare un percorso terapeutico al fine di poter acquisire una maggiore consapevolezza emotiva e affrontare così le proprie paure e angosce per mettere in campo un nuovo modo di affrontare le relazioni all’insegna dell’armonia e del rispetto per sé stessi e per gli altri.


Prof.ssa Maura Ianni


Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page